La domanda di Saussure nel terzo corso di linguistica generale è lo spunto per discutere delle diverse caratterizzazioni del soggetto parlante saussuriano. Ma se vogliamo interessarci del soggetto parlante in un paradigma saussuriano non possiamo fare a meno di occuparci della parole. Ogni atto di parole, per quanto per Saussure sia diverso da un altro, è il momento in cui si incontrano e rinnovano nell’uso quotidiano la faculté du langage e la langue (la questione dell’origine per Saussure non aveva rilievo proprio perché l’origine era un paradosso rispetto al fatto che ogni atto, ogni momento ripeteva questa origine rendendo sempre presente un momento che al contrario dovrebbe essere irripetibile).
La parole è il luogo in cui il parlante si mostra agli altri parlanti in quanto parlante, oltre al fatto che ogni atto di parole è una richiesta di umanizzazione – che a nostro avviso passa per la maggior parte attraverso la linguisticità - rivolta agli altri locutori coinvolti nella situazione discorso che sanciscono l’appartenenza alla stessa determinazione. La parole per Saussure è l’unico ambito in cui la soggettività del parlante è esibita e messa in confronto con la norma collettiva.
Saussure, infine, mette proprio nel lato della parole, alcune di quelle che potrebbero essere delle caratteristiche dell’individuo: la possibilità di scelta, la libertà, la volontarietà. In particolare ci concentreremo sull’analisi di alcuni aspetti proprio della volontà del soggetto parlante in una prospettiva saussuriana. In questa direzione troveremo spunti per affermare come sia impossibile aggirare una discussione della parole per arrivare alla soggettività umana e alla volontà non intesa come facoltà, ma come immagine temporanea del movimento della lingua e formale che esubera il singolo parlante.