Coseriu-50

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Centre de recherches en histoire et épistémologie comparée de la linguistique d'Europe centrale et orientale (CRECLECO) / Université de Lausanne // Научно-исследовательский центр по истории и сравнительной эпистемологии языкознания центральной и восточной Европы

-- E. Coseriu: «Glottologia e marxismo», Atti del sodalizio glottologico milanese, Milano, 1950, p. 25-29.

 

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        SEDUTA DEL 7-5-1949.
        La seduta è aperta alle ore 15,30.
        Presenti: Bertolotti, Bolognesi, Coseriu, Czubek-Grassi, Evangelisti, Maspero, Menegheti, Parlangèli, Piatti, Pignataro, Pisani, Radica, Restelli, Sacerdoti,, Scarpai, Scovazzi, Tonoli, Vitale. Presiede Pisani.

                   COMUNICAZIONI:

        L’anno scorso, nel quadro delle discussioni ideologiche e metodologiche volute dal comitato centrale del partito bolscevico, e in particolare da Ždanov, si è avuto nell’Unione Sovietica anche un dibattito sulla scienza linguistica, che, oltre a rivelare le diverse tendenze esistenti nella glottologia sovietica, ha stabilito i princìpi fondamentali di una glottologia marxistica “ ortodossa”; princìpi consacrati in una risoluzione ufficiale.-
       
Per ben comprendere lo spirito di quel dibattito e di quella risoluzione, occorre tener presente che tutta la discussione ideologica svoltasi in Russia l’anno scorso rispecchiò la lotta fra le due tendenze fondamentali di tutta quanta la scienza sovietica; tendenze fra cui la distinzione appare assai sottile e si riferisce all’interpretazione stessa del metodo dialettico. Si tratta di negare decisamente e in blocco tutta la scienza “borghese”, oppure di accettarne i risultati positivi, pur negandone le premesse? Questa seconda tendenza, appunto, è stata dichiarata errata e “deviazionistica”, perché
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fondata — secondo gli “ortodossi” — su un errore ideologico, quello di ignorare le fasi della dialettica. Infatti — sempre secondo gli “ortodossi” — la scienza sovietica, ponendosi come tesi, dovrebbe, prima di giungere alla sintesi, negare la sua antitesi, ossia la scienza “borghese”. Il primo atto di una scienza marxistica “ortodossa” dovrebbe, quindi, essere la negazione della scienza “borghese”; negazione che, d’altronde, non significherebbe dire semplicemente no, ma assorbire, giungere a una sintesi superiore (Engels). Invece, gli scienziati che accettano i risultati positivi della scienza “borghese” sono, dal punto di vista marxistico “ortodosso”, “deviazionisti”, perché — eticamente — concilianti invece che intransigenti, ossia, in termini ideologici, perché pongono come primo atto la sintesi, senza passare attraversa l’antitesi, vogliono cioè assorbire prima di aver negato. Tale tendenza, nella fase di marxismo intransigente inaugurata nell’URSS da Ždanov, è stata condannata in tutti i campi della ricerca e della creazione, dalla filosofia alla biologia e dalla letteratura alla musica.
        Per la linguistica, la relazione è stata affidata al noto allievo di Marr, I. I. Meščaninov[1]. La relazione nega la scienza linguistica occidentale, critica le insufficienze e le deviazioni della linguistica sovietica e afferma come marxisticamente ortodossa soltanto la dottrina linguistica di N. Marr, “fondatore della glottologia marxistica”.
        Sulle orme, appunto, di Marr, Meščaninov respinge diversi concetti della glottologia “borghese”. In primo luogo, quello di una “lingua primitiva”, che corrisponderebbe a un falso concetto dell’ereditarietà e a un metodo comparativo atto a condurre alla totale negazione dell’influsso del fattore sociale sul fenomeno linguistico. Secondo Meščaninov, il metodo comparativo occidentale sarebbe “formalistico”, perché si applicherebbe soltanto nel quadro di una medesima famiglia linguistica e riguarderebbe soprattutto lo sviluppo dei fonemi e delle forme grammaticali, lasciando in secondo piano o ignorando il significato funzionale delle forme studiate e il loro fondamento sociale. Il professore sovietico critica quindi i neogrammatici e insieme gli etnopsicologicisti, i quali considererebbero la lingua come prodotto isolato di una forma etnico-culturale specifica, che dovrebbe costituire una specie di sostanza ereditaria eterna e immutabile. Ma le critiche più aspre sono riservate a De Saussure e ai saussuriani, i quali, pur pretendendosi sociali, non lo sarebbero, poiché, secondo Meščaninov, ridurrebbero la socialità della lingua al solo fatto che essa è strumento di più individui (massa di parlanti). L’errore fondamentale della linguistica di De Saussure sarebbe, appunto, quello di basarsi sulla sociologia di Durkheim, per cui la coscienza collettiva si riduce al rapporto fra le coscienze individuali. Ciò porterebbe i saussuriani a studiare obiettivisticamente la storia della lingua, senza scoprirne le leggi di sviluppo, e a studiare la lingua in sé e per sé, indipendentemente dalla storia della società in cui la lingua stessa si sviluppa, a ignorare l’influsso del fatto sociale
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sul fenomeno linguistico e il “carattere psicologico” della lingua, a rinunciare all’indagine circa il rapporto esistente fra la lingua e i dati della coscienza, ad attribuire le innovazioni linguistiche al caso e ad affermare l’arbitrarietà del segno linguistico, a distinguere una linguistica “interna” e una “esterna”, ad ammettere un aspetto individuale e un aspetto sociale della lingua (invece che aspetti di classe), ad asserire una contrapposizione fra sistema stabilito ed evoluzione o innovazione (invece che una evoluzione continua con salti qualitativi), a considerare la lingua come dualità invece che come unità, a ritenere il fenomeno linguistico — sulla base di un concetto di libertà rousseauiano — una convenzione, invece che una necessità e quindi, coerentemente, a negare ai parlanti la possibilità di modificare i segni, attribuendo loro un atteggiamento passivo invece che attivo.
        Tali errori, dice Meščaninov, esistono anche nell’URSS, sia pure sporadicamente. Anche nella glottologia sovietica si constata un insufficiente studio strutturale e funzionale e un eccessivo studio formale, analitico. Fatta eccezione per alcune (N. K. Dimitrev - Grammatica della lingua cumucca, N. F. Jakovlev - Grammatica delle lingue adyghé e cabardina), le grammatiche sovietiche sono ancora compilate secondo vecchi schemi. Vi sono stati anche nell’URSS attacchi contro Marr, specie da parte dello Jazykfront dei neogrammatici. Oggi certuni di codesti neogrammatici hanno accettato Marr (M. G. Dolobko, D. B. Bubrich), mentre altri, come M. N. Peterson, sono rimasti sulle vecchie posizioni. Esiste inoltre una opposizione teorica alla dottrina di Marr. Vi sono veri e propri saussuriani, come A.A. Reformatskij, e linguisti che definiscono la teoria materialistica di Marr un tentativo fallito e in realtà meccanicistico (A. S. Čikobava) ; altri che affermano non doversi confondere la dottrina di Marr con tutta la linguistica sovietica e ritengono possibili anche altre dottrine altrettanto marxistiche (V. V. Vinogradov, M. V. Sergievskij) e altri ancora che osservano come gli stessi seguaci di Marr non seguano in tutto il maestro e come, in particolare, non utilizzino il suo postulato dei “ quattro elementi ” (Kelda-Dmitrev).
        In verità, ben poco delle teorie specifiche di Marr rimane nella glottologia marxistica “ortodossa”, così come essa appare delineata nella relazione di Meščaninov: ciò che vi rimane è, praticamente, soltanto l’indirizzo materialistico marx-leninista. Si tratta, dice Meščaninov, di prendere Marr come punto di partenza e di correggerne gli eventuali errori. In realtà, però, la linguistica di cui egli traccia i fondamenti, più che dalla dottrina di Marr, appare dedotta direttamente dalle tesi fondamentali del marx-leninismo. Eccone i princìpi fondamentali: la lingua è un fenomeno di ordine sovrastrutturale, essendo un riflesso della realtà sociale obiettiva, rappresentata, in ultima analisi, dai rapporti di produzione. È conoscenza reale e, come ogni fenomeno, è in continuo divenire. Fra lingua e pensiero esiste non identità ma unità dialettica: la lingua non può essere isolata dal pensiero, dal contenuto vivo della coscienza. Tale unità dialettica spiega resistenza nelle lingue più diverse di un fondo comune che si manifesta nonostante la diversità delle forme particolari (forme diverse - funzione identica). La lingua non può essere studiata indipendentemente dall’ambiente sociale dal quale è condizionata e sul quale a sua volta influisce. Data l’unità fra lingua e pensiero, la parte fondamentale della linguistica è quella che si riferisce allo svolgimento del pensiero, cioè la sintassi. Lo studio glottologico deve perciò cominciare con l’esame del contenuto semantico com-
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pleto di un’intera espressione, ossia con la frase; deve cominciare, cioè, con una semantica funzionale che stabilisca il significato delle forme e il loro compito, la funzione sociale delle parole e della loro forma grammaticale. E il metodo comparativo va applicato non solo “formalisticamente” (fonemi e morfologia), ma anche strutturalmente, contenutisticamente, col confronto fra funzioni identiche svolte da forme diverse in sistemi linguistici diversi.
        Nulla è arbitrario nella lingua, né la parola né il fonema. La lingua è creazione necessaria e non dell’individuo ma della società, essendo l’essenza stessa dell’uomo sociale. Il linguaggio è pertanto fenomeno collettivo e non somma dei linguaggi individuali. Inoltre, dato il suo continuo divenire, la lingua non ha nulla di statico; non esiste nel fenomeno linguistico alcuna sostanza ereditaria data una volta per sempre e indipendente dalle condizioni di vita dei parlanti. Il movimento di evoluzione della lingua non è casuale, poiché dipende dai progressi della produzione e dalle relazioni sociali che si costituiscono sulla base della produzione. Ogni mutamento nella lingua, non esclusi i mutamenti fonetici, risulta in ultima analisi determinato dall’influsso dell’ambiente sociale, il quale non è passivo ma attivo e costantemente operante. Pertanto le leggi generali di sviluppo delle lingue esistono incontestabilmente come leggi obiettive ma sono determinate e condizionate dalle leggi di sviluppo della società umana: la storia della lingua non è indipendente dalla storia dei parlanti, anzi, rispecchia la storia dell’umanità ed è pertanto fonte storica. Finalmente, il divenire della lingua, come quello di ogni altro fenomeno, è un continuo mutamento quantitativo con salti qualitativi; un movimento di evoluzione combinato con mutamenti rivoluzionari. Detti “salti” qualitativi rispecchiano i relativi salti registrati dalla tecnica del pensiero. E, poiché i mutamenti rivoluzionari nella tecnica del pensiero sono poco numerosi, anche i mutamenti “stadiali” della lingua (passaggi da un tipo linguistico a un altro tipo, superiore) sono pochi. Sulla base di tali mutamenti si stabilisce una tipologia sintattica delle diverse lingue.
        La glottologia marxistica “ortodossa” è quindi: 1) materialistica (in quanto considera le leggi linguistiche e la lingua stessa determinate in ultima analisi dalle leggi della realtà materiale); 2) realistica (in quanto considera la lingua come oggetto reale, non astratto e non immaginato dal soggetto) ; 3) storico-sociale (in quanto studia la lingua in rapporto alla storia e all’ambiente sociale) ; 4) diacronica (in quanto studia la lingua come fenomeno in continuo divenire) ; 5) contenutistica (in quanto studia soprattutto il contenuto di pensiero delle forme); 6) strutturalistica e tipologica; 7) teorico-pratica (in quanto verifica nella pratica la dottrina dedotta dalle tesi del marx-leninismo). Su quest’ultimo punto e sulla sua applicazione alle diverse lingue dell’U.R.S.S., Meščaninov insiste a lungo nella sua relazione, sottolineando soprattutto l’importanza dello studio delle lingue viventi, il cui divenire può essere colto direttamente dallo studioso.

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        Da quanto sopra esposto, risulta chiaro che nemmeno la glottologia marxistica “ortodossa” respinge in blocco la linguistica “borghese”; anzi, essa arriva a conclusioni simili e a volte identiche per esempio a quelle della scuola di Copenhagen, con la differenza che vi giunge partendo da
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altre premesse e che riferisce ogni deduzione e ogni conclusione alla dottrina e alla metodologia marxistica.
        Quanto all’applicazione del metodo dialettico marx-leninista all’indagine linguistica, rimando a un articolo del linguista romeno A. Graur (2), nel quale l’autore applica alla glottologia i quattro postulati fondamentali della metodologia marxistica formulati da Stalin: 1) ogni fenomeno cambia continuamente e in una determinata direzione; 2) nessun fenomeno è indi- pendente dai fenomeni circostanti e nessun fenomeno può essere compreso se non considerato in relazione di condizionamento reciproco coi fenomeni circostanti; 3) nel processo di sviluppo di un fenomeno qualsiasi, si ha non una semplice evoluzione ma mutamenti quantitativi che si concludono con salti qualitativi; 4) ad ogni fenomeno sono proprie contraddizioni interne.
        Fanno osservazioni Pisani e Scarpai.



[1] I. I. Meščaninov: « La situazione nella scienza linguistica », in Izvestija Akademii Nauk S.S.S.R., sezione Letteratura e Lingua, vol. VII, n. 6, 1948, pp. 473-486. La relazione fu letta il 22 ottobre 1948, nella seduta pubblica del Consiglio scientifico dell’Istituto per lo studio della lingua e del pensiero «N. J. Marr» e della sezione di Leningrado dell’Istituto di lingua russa dell’Accademia delle Scienze dell’U.R.S.S., e provocò una risoluzione di condanna dei linguisti «deviazionisti», della loro rivista (La lingua russa nella scuola) e dei loro libri e manuali, e di accettazione ufficiale della dottrina materialistica ortodossa di Marr-Meščaninov.
(2) Al. Graur: « Perché e come cambia la lingua », in Studii, III, n. 1, Bucarest 1949.